La cucina legata alla caccia

Tagliatelle con la lepre 

Tagliatelle con l’anatra

La cucina rivaltese, da sempre legata alle Valli del Mincio, era caratterizzata anche dalla caccia della selvaggina in palude. Piatti come le famosissime tagliatelle asciutte con il selvatico o con la folaga fuiadi söti con al salvadac” o con “la folaga” hanno segnato un’epoca di grande interesse per gli amanti della buona tavola. L’attività venatoria era praticata, principalmente, nei giochi di caccia: specchi d’acqua interni alla valle dove i cacciatori si appostavano, fin dalle prime ore dell’alba, in strutture robuste e ben mimetizzate da cannicci. All’interno di queste, un foro permetteva ai cacciatori di sparare agli uccelli migratori di passaggio. Questi erano attratti dalle anatre (germano reale), che venivano legate tramite una corda ad un mattone e disposte nel laghetto del gioco di caccia a forma di volo migratorio, fungendo da richiamo.                                                                                                                                                    

Altra tipologia di caccia era quella “in burìda” praticata utilizzando dei barchini particolari, tipo sandolini, a doppia punta e a chiglia piatta, guidati da barcaioli esperti. Questi, con estrema abilità, evitavano di fare qualsiasi rumore che spaventasse la selvaggina in pastura, cogliendola di sorpresa. Con l’avvento della zona protetta e la chiusura della caccia (anno 1977), diventa più difficile realizzare queste storiche ricette, se non utilizzando selvaggina proveniente da riserve di caccia straniere.

Dunque, sughi a base di moretta, codone, alzavola, mestolone, folaga, gallinella e altri uccelli sono diventati rarissimi. Il più facilmente reperibile germano reale era usato raramente nelle ricette dei Rivaltesi in quanto principale attore di richiamo per la selvaggina.     

Un piatto molto consumato dalle famiglie rivaltesi, nel periodo che precedeva di qualche settimana il taglio invernale delle canne palustri, era “polenta e uslìn” (polenta e uccellini) e la preda ambita era lo storno. Questi uccellini si muovono in grandi stormi e, nella stagione tardo estiva, arrivano dalle sponde del Lago di Garda ben nutriti da un’alimentazione di olive e bacche dei bagolari. Gli storni, giunti nelle terre mantovane prima di spostarsi nei cieli del meridione, ingaggiano coreografici e incantevoli voli sferici che si espandono e si contraggono formando disegni stupendi per poi gettarsi, all’imbrunire, a ridosso dei canneti.

Questo era un grosso problema per chi doveva poi tagliare le canne, trovandole quasi tutte spezzate e dunque di scarso valore per la fabbricazione delle arelle destinate alle aziende di floricoltura della Versilia e della Riviera Ligure. Perciò, prima che calasse la sera, squadre di cacciatori si riunivano, a ridosso dei canneti di competenza, sparando agli storni che atterravano sulle cime dei canneti. La raccolta della cacciagione era un lavoro che richiedeva molto tempo e da qui fu coniato anche il famoso detto “ma và a trà ai stùrli”: lascia stare, non perdere tempo. Ma per i cacciatori questo significava un quantitativo di prede enorme che veniva ceduto alle famiglie del paese a prezzo di favore. Per alcune di queste era una benedizione perché con spadellate di uccellini fatti in umido o alla cacciatora su una base di polenta, potevano sfamare numerose persone.

Tagliatelle con il fagiano

Quando fu proibita la caccia in palude, ai cacciatori rimase solo la parte venatoria nelle campagne, di tipo vagante o da appostamento, che prevedeva la cattura, principalmente, di fagiani, lepri, starne, quaglie e allodole, che ben presto sostituirono, degnamente, buona parte della tradizione gastronomica legata alle Valli. E’ impossibile non gradire degli stufati di lepre e arrosti di starne e fagiani, carni nobili, fatte in umido con l’accompagnamento di polenta al cucchiaio. Con le stessi carni si ottenevano straordinari ragù che arricchivano la pasta casereccia: tagliatelle, bigoli e maccheroncini all’uovo “macaron cul tòrc”,  realizzati con l’uso dell’antico torchio in bronzo.

Tagliatelle con il fagiano