La cucina legata alla pesca

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Luccio in salsa alla Rivaltese

Non vi è alcun dubbio che il pesce di fiume abbia ricoperto una parte importante nella cucina rivaltese, ad iniziare dal fritto di pesce di piccole dimensioni “psìna, psin pütana, àula, o pes frit”:
ANTIPASTI fritti di grande e assoluto piacere.

– Le alborelle,
– le scardole,
– i vaironi,
– le guizzanti foraguadole (cobite),
– i piccoli “boss” (Cottus gobio Linnaeus),
– le rane e i ricercatissimi gamberetti di fiume “saltarèi”.

Perfino il pesce sole di piccola misura, sono tra gli ingredienti di assoluto riferimento. Il pesciolino fritto veniva utilizzato anche come ingrediente straordinario per corpose frittate oppure, quando era eccedente al normale consumo familiare, era buona norma conservarlo in una marinata composta in parti uguali da vino e aceto bianco con l’aggiunta di qualche foglia di alloro, per consumarlo dopo alcune settimane in abbinamento a della mostarda mantovana a foglie o in occasione di qualche festività.

Nei PRIMI PIATTI, in modo particolare nei risotti, l’anguilla, la tinca e il pesce gatto, conferiscono al piatto una caratteristica piacevolezza senza rivali, a seguito di una cottura in umido o al forno. Sapientemente spolpati, an cora oggi le loro carni vanno a valorizzare, come squisito condimento, la dolcezza del riso, creando un connubio veramente intrigante e ricercatissimo. Non va dimenticata una cucina più antica, quasi segreta, che solo poche famiglie rivaltesi oggi conoscono. Sono ricette che spesso non prevedono pesi o misure ma indicazioni sommarie come un pizzico, un cucchiaio, una manciata o un bicchiere, quasi sempre tramandate verbalmente da madre a figlia e in rare occasioni scritte su libricini di scuola. Tra le ricette trovate nelle case dei Rivaltesi si riporta il luccio come elemento principe nel risotto delle feste e, come nobile alternativa, “al pes frit” o “i saltarèi” già indicati in precedenza. In particolari periodi dell’anno si cucinava anche il “risòt cui trìgui” (risotto con le castagne d’acqua), ingrediente poco conosciuto ma di assoluto piacere gastronomico.

Nei SECONDI PIATTI l’anguilla era molto ricercata per la bontà delle sue carni. La cucina rivaltese prevedeva fosse preparata in svariati modi: in umido, marinata o fritta. Ma la ricetta più gradita era l’anguilla ai ferri o alla brace. Catturata ancora viva, veniva abilmente pelata con un taglio netto sotto la testa, pulita con un foglio di carta e tagliata in tronchetti da 6 centimetri circa. Questi venivano uniti con stecchetti di legno ed intervallati da foglie intere di alloro per poi essere cotti su braci non troppo ardenti. L’anguilla va cotta lentamente utilizzando la doppia griglia perché consente di girarla facilmente, più volte, senza romperne le carni. Nella tradizione rivaltese era buon uso ungerle, per tenerle morbide fino alla perfetta cottura, con una salsina fatta con olio di oliva delicato, sale, pepe, limone e alloro, spennellandole di tanto in tanto.

Risòt cui saltarei (risotto con i gamberetti di fiume)

Il luccio, a Rivalta sul Mincio, ha un posto d’onore nella cucina familiare e in quella della ristorazione. Le antiche salse, che hanno reso famose le preparazioni culinarie con questo pesce d’acqua dolce, sono quelle che le donne rivaltesi si sono tramandate da generazioni e sono le stesse che caratterizzano, ancora, le attuali ricette. Pur essendo presenti anche in altre trattorie mantovane, le ricette con il luccio della tradizione rivaltese hanno origini molto antiche che nessun altro paese può vantare.
La prima è quella del luccio in bianco, ricetta preferita dal Duca di Mantova e riportata nell’opera del capocuoco ducale Bartolomeo Stefani dal titolo “L’arte di ben cucinare” (pubblicata a Mantova nel 1662), con il nome di “bianco mangiare di polpa di Luccio”.
La ricetta rivaltese prevede che il luccio in bianco, dopo la cottura, venga condito con olio di oliva delicatissimo, formaggio a pasta di grana, limone spremuto, sale, pepe e un velo di noce moscata. Viene proposto spesso come antipasto, con un contorno di peperoni bianchi mantovani, scottati in acqua e aceto e conditi con olio di oliva, aglio a pezzi, a volte con l’aggiunta di formaggio a pasta di grana. Questo piatto ha affascinato gli amanti della buona tavola per la sua delicatezza e l’equilibrio dei sapori tra il limone e il formaggio, che rendono le carni del luccio gustose e saporite. La seconda ricetta è quella del luccio con la salsa alla Rivaltese: condimento composto principalmente da cipolline, capperi, acciughe, peperoni verdi lombardi e salsa di pomodoro passata in un tegamino. Quando era ben calda veniva versata sulle carni del luccio spolpato e il tutto messo in un contenitore di vetro o di ceramica bianca. Diventava così un secondo importante, dal piacere assoluto, contornato sempre da polenta abbrustolita su una speciale “gradella”. Non va dimenticata la ricetta più antica del luccio all’aglione con prezzemolo, aglio e olio di oliva.

Anguilla alla brace

Anche la tinca e il pesce gatto erano il trionfo della frittura del pesce di fiume. Prima della cottura era, comunque, buona norma che venissero sottoposti ad una particolare pratica purgativa in una speciale cassa di legno detta “bürc” . Questa era una cassa di legno con delle feritoie che veniva immersa nell’acqua corrente. Solo nel caso in cui fossero stati pescati con la fiocina in un fondale ghiaioso “ciapà con la sfrosna”, si passava direttamente alla cottura tradizionale, che ha sempre preteso lo strutto di maiale. Quest’ultimo ha la particolare caratteristica di raggiungere un punto di fumo molto alto e permette di friggere le carni in modo perfetto. In alcune famiglie rivaltesi, la tinca e il pesce gatto di buona misura, una volta cucinati al forno con tutti gli aromi graditi, venivano spolpati e usati anche come condimento di tagliatelle o come ingrediente della pasta ripiena. Il branzino, il persico reale e il persico sole di discreta misura sono, invece, da sempre le prede più ambite per la bontà delle loro carni che si prestano facilmente ad essere utilizzate in svariate preparazioni. Essendo tra i pesci più costosi, erano presenti sulle tavole delle famiglie facoltose o serviti in ristoranti con una clientela particolarmente raffinata. Fra le ricette più realizzate vi era il branzino e il persico alla griglia. Gli stessi pesci ridotti a filetti potevano essere utilizzati per sontuosi risotti ed, eventualmente, preparati anche in bianco o in salsa alla rivaltese, come il luccio.

Bigoli con le sardelle

Risòt cui saltarei (risotto con i gamberetti di fiume)

Anguilla alla brace

Bigoli con le sardelle